Cass.Penale - II sezione - n. 21987/2019 del 20.05.2019
Con la sentenza n. 21987/2019 la Cassazione penale si sofferma sulla nozione di “domicilio informatico” precisando che è tale, anche in base a quanto statuito con la Raccomandazione del Consiglio d’Europa del 9/09/1989, quello “spazio ideale di esclusiva pertinenza di una persona fisica o giuridica, delimitabile prendendo come parametro il domicilio delle persone fisiche, ed al quale risulta estensibile la tutela della riservatezza della sfera individuale, che costituisce bene costituzionalmente protetto”.
Oltre a ciò i giudici chiariscono “il delitto di detenzione e diffusione abusiva di codici di accesso a sistemi informatici o telematici , non concorre, bensì è assorbito nel più grave reato di accesso abusivo a sistema
informatico o telematico."
Nello specifico si evidenzia che che “il meno grave - quoad poenam - delitto di cui all’ art. 615 quater c.p. (Detenzione e diffusione abusiva di codici di accesso a sistemi informatici o telematici ) non può concorrere con quello, più grave, di cui all’ art. 615 ter c.p. (Accesso abusivo a sistema informatico o telematico) , del quale costituisce naturalisticamente un antecedente necessario, sempre che quest’ultimo sia contestato, procedibile ed integrato nel medesimo contesto spazio-temporale in cui fu perpetrato l’antefatto, ed in danno della medesima persona fisica (titolare del bene protetto).”
La pronuncia risulta interessante in quanto definisce la nozione di "domicilio informatico" e svolge un interessante excursus circa il concorso apparente di norme, soffermandosi in particolare sull’applicazione del principio di specialità ex art. 15 c.p.
A cura dell'Avv. Angelo Cuofano