L'Aiga di Vallo della Lucania e quella di Salerno hanno visitato nella giornata di ieri la Casa circondariale "Antonio Caputo" di Salerno. Una iniziativa che si inserisce nelle visite pasquali che l'ONAC - Osservatorio Nazionale AIGA sulle Cerceri - ha promosso congiuntamente in 35 istituti penitenziari italiani.
Grazie alla gentile accoglienza della Direttrice Rita Romano abbiamo potuto constatare in prima persona le condizioni di vita dei detenuti e le difficoltà affrontate quotidianamente dal personale di Polizia Penitenziaria, a causa di innegabili carenze strutturali e di organico. Nonostante le difficoltà, tuttavia, abbiamo riscontrato con piacere l’esistenza di un buon numero di attività a sfondo formativo e culturale dedicate ai detenuti, oltremodo necessarie ai fini della rieducazione e del graduale reinserimento degli stessi nella società. L’esperienza è stata significativa e costruttiva e ha costituito un punto di partenza per iniziative future in sinergia tra AIGA, l‘Amministrazione Penitenziaria, ed altri soggetti pubblici e privati nell’ottica di una collaborazione costante e di un dialogo sempre aperto.
Su questa giornata riportiamo a seguire le riflessioni del referente ONAC della sezione di Vallo, l'avv. Giuseppe Di Vietri, che ha partecipato alla visita assieme ai colleghi Andrea Annunziata, Mario D'Amato e Cristian Manniello di AIGA Salerno.
"Tutti noi, semplici cittadini, dovremmo visitare un carcere, almeno una volta nella vita, per provare a capire e a comprendere. Capire e comprendere chi gestisce gli istituti, chi vi lavora ma anche chi, obtorto collo, si trova a spendere la propria esistenza in un carcere. Questa visita ci ha dato anche la eccezionale possibilità di entrare in ambienti generalmente non accessibili e di vivere una esperienza significativa anche emotivamente. Entrare nelle celle, parlare coi detenuti, vederli nel loro quotidiano difficilmente può essere esternato a parole ma che è da provare a farsi perché abbiamo il dovere di raccontare quanto visto e vissuto. Doveroso anche se difficile dirsi a parole della dolcezza della madre che in cella ricama il nome dei figli, o della tenerezza di una tenda realizzata per rendere più accogliente la propria cella, o dei sorrisi delle famiglie ricongiunte durante i colloqui e dei volti amari dei familiari quando lasciano l'istituto. Doveroso anche se difficile spiegarsi parole l'essere accolti nelle celle dai detenuti, entrare chiedendo il permesso ed essere invitati a prendere un caffè, a chiacchierare con loro, a sentire l'odore delle celle, ad osservarne il mobilio e tutti gli accorgimenti per rendere quei piccoli ambienti più funzionali come gli stracci annodati alla porta per fare palestra o lo spago annodato ai letti per farne scarpiera o le mensole di cartone attaccate ai muri per i piani sopraelevati dei letti a castello.
Durante la giornata abbiamo anche brevemente partecipato, all'interno del teatro del carcere, all'incontro di alcuni detenuti con una scolaresca e, sedendomi in mezzo ai detenuti e agli studenti, ho chiacchierato con loro e con un giovane padre di una bimba che mi ha detto non vedere la figlia da anni perché non vuole che ella viva il carcere; e ancora, dialogando con le giovani studentesse, invitarle lui a tenersi fuori dalla vita di giovani fidanzatini che prendono brutte strade o, comunque, a mantenere distinta la vita sentimentale non lasciandosi coinvolgere in altri aspetti da vita personale del partner; e ancora, infine, di non schernire o isolare loro amici figli di detenuti per il fatto di avere un padre o una madre in galera perché già questo è motivo grande sofferenza. Personalmente questo il momento più intenso e toccante della giornata che mi ha riportato a 'Le mie prigioni' di Silvio Pellico allorquando 'mi ricorsero alla mente il padre, la madre, due fratelli, due sorelle, un’altra famiglia ch’io amava quasi fosse la mia; ed i ragionamenti filosofici nulla più valsero. M’intenerii, e piansi come un fanciullo'.
Questa esperienza ha rafforzato la convinzione di dover far conoscere il carcere all'esterno affinchè la reazione sociale al delitto non devii verso purtoppo esistenti smodate istanze vendicative che considerano i detenuti non come delle persone che devono essere punite come e secondo legge ma quasi come delle bestie verso cui infliggere ogni possibile disprezzo fisico e psicologico, dimenticando essere loro dei cittadini e delle persone con parità di diritti e di dignità. L'impegno di AIGA è quello di affermare come il grado di civiltà di un Paese - come diceva Voltaire - è dato dalle condizioni delle sue carceri."
Avv. Giuseppe Di Vietri, referente ONAC AIGA Vallo della Lucania
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